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giovani dipendenti dai social

Lo smartphone per i più giovani può trasformarsi, da strumento utilissimo, in una vera e propria trappola che li tiene incollati allo schermo. Questo è il pensiero che ha spinto un gruppo di genitori italiani, insieme al Moige (Movimento italiano genitori Aps), ad agire in modo deciso contro i social.

Hanno infatti depositato la prima class action inibitoria contro i giganti dei social: Meta (la società che controlla Facebook e Instagram) e TikTok. L'obiettivo è quello di proteggere bambini e adolescenti da pratiche ritenute dannose e illegali da parte di queste piattaforme.

Una vera e propria battaglia legale per chiedere al tribunale di Milano di intervenire per fermare immediatamente ciò che, secondo i ricorrenti, mette in pericolo la salute mentale e fisica dei ragazzi. L'udienza è già stata fissata per il 12 febbraio 2026 e potrebbe essere un punto di partenza senza precedenti.

Indice

  1. L’azione legale
  2. Le richieste 
  3. Il meccanismo della dipendenza

L’azione legale

I genitori e il Moige hanno deciso di usare uno strumento legale introdotto nel 2021, l'articolo 840-sexiesdecies del codice di procedura civile. Questo articolo permette di agire per ottenere l’ordine di cessazione o il divieto di reiterazione di condotte dannose per una pluralità di soggetti.

Un’azione che mira a bloccare sul nascere, e non a risarcire dopo, le pratiche considerate pericolose. In questo caso: “Si tratta di un'azione inibitoria forte e decisa che è frutto del lavoro di due anni. Chiediamo al giudice di fermare subito pratiche pericolose e illegali", ha dichiarato Antonio Affinità, direttore del Moige.

E questo è solo l’inizio perché i legali hanno già annunciato che stanno preparando una successiva azione risarcitoria di classe, aperta a tutti i genitori che vogliano denunciare i danni subiti dai figli.

Le richieste 

L'azione legale si concentra su tre aree di intervento cruciali, veri e propri punti dolenti che i genitori chiedono di risolvere.

  • La prima richiesta è il rispetto dell'obbligo di verifica dell'età e del divieto di accesso ai social per i minori di 14 anni. È un punto fondamentale, visto che la normativa europea è chiara. L'avvocato Commodo ha spiegato che: "Moige con i genitori ricorrenti hanno documentato come Facebook e Instagram e Tik tok consentono facilmente l'iscrizione illegale di minori, violando le normative nazionali". La realtà è preoccupante: "Vediamo bambini di otto o nove anni che hanno account nonostante la normativa europea sia chiara, chiediamo al tribunale di stroncare questa prassi", ha denunciato il legale. E ha aggiunto: "Sappiamo che i ragazzi possono subire danni permanenti per l'uso dei social. E sappiamo che questo accade anche se un ragazzino lo usa per un'ora sola".

  • La seconda richiesta è l’eliminazione dei sistemi che creano dipendenza dalle piattaforme, mirando in particolare alla manipolazione algoritmica e allo scroll infinito dei contenuti. L'avvocato Bertone è stato categorico: "Sono algoritmi progettati e studiati sfruttando il circuito della dopamina e per trattenere i nostri figli online. Chiediamo che vengano disattivate queste pratiche perché di danni ce ne sono stati troppi".

  • Infine, la terza richiesta è che ci sia un’informazione chiara sui pericoli dei social, una specie di bugiardino trasparente per avvisare sui rischi dell'uso improprio. I legali hanno ribadito di agire ora "perché l'Unione europea non ha ancora imposto misure efficaci".

Il meccanismo della dipendenza

A dare un peso scientifico alla class action c'è la perizia di parte, depositata in tribunale. A scriverla è stato Paolo Dal Checco, consulente informatico forense, che ha analizzato a fondo la navigazione e la durata della visione dei singoli contenuti da parte degli utenti.

Il focus è sui meccanismi che "consentono alle aziende di proporre contenuti altamente personalizzati che costituiscono una delle principali cause di dipendenza per i giovani utenti".

La perizia svela il trucco: "Gli algoritmi analizzano il comportamento passato degli utenti per mostrare contenuti che ritengono più interessanti, creando un flusso continuo che aumenta la difficoltà a disconnettersi".

Per questo motivo, l’avvocato Stefano Bertone insiste sull’importanza di un’informazione chiara, che avvisi sui rischi: "Chiediamo un'informazione chiara dai social, come c'è sui farmaci, ovvero dei banner grandi che compaiano e che dicano attenzione questo prodotto può creare queste conseguenze".

 

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